Nuova edizione dell’evento nazionale Terziario Donna LAB in formato digitale dedicato alla “Economia Generativa”, un modello di sviluppo e di politiche economiche che mira all’integrazione dei valori e che Terziario Donna ha inserito nel suo Manifesto. Quest’appuntamento ha avuto un significato particolare perché è stato l’ultimo evento sotto la presidenza di Patrizia Di Dio che in questi anni ha portato avanti una serie di tematiche tra le quali L’Economia del Bene Essere e l’Economia del nuovo Umanesimo, per uno sviluppo dell’economia che sia sostenibile anche dal punto di vista sociale ed etico e che sappia mettere al centro la persona. L’Economia della Bellezza sinonimo di bellezza per patrimonio culturale, artistico, monumentale, paesaggistico, ma anche per qualità di vita, di alimentazione, di “buon gusto” e di design di alto livello. L’Economia della Cultura e dei Saperi, una riflessione sulla visione di sviluppo che assume particolare valore per una nazione come l’Italia che è il primo Paese al mondo per la sua influenza culturale. L’Economia della Felicità e più in generale lo sviluppo di economia “civile” che abbia come obiettivo l’evoluzione dell’economia.
Ai lavori, che sono stati aperti dal presidente di Confcommercio Carlo Sangalli e dall’intervento della presidente Di Dio, hanno partecipato il professore della Florida International University e co-fondatore dell’Osservatorio italiano sulla felicità e benessere Sandro Formica, la Change manager Cleo Li Calzi, il Professore associato di Politica economica all’Università di Cagliari Vittorio Pelligra e l’ideatore della collana Le Bussole di Confcommercio Fabio Fulvio che ha presentato il volume “La persona al centro. Il Neuromarketing nei servizi” .
Sangalli: “Necessario colmare il divario di rappresentanza”
Nel suo saluto introduttivo, il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, ha sottolineato il grande lavoro fatto dalla presidente Di Dio durante il suo mandato alla guida di Terziario Donna. “Questo Terziario lab – ha detto Sangalli – chiude un’esperienza fatta di impegno e risultati. Tanti i temi trattati durante questi anni: l’economia della bellezza, il nuovo umanesimo, la sostenibilità fino al neuromarketing. Confesso che sono molto fiero di aver partecipato ad alcuni degli eventi di questi anni”. “In questi anni di Td lab molte cose sono cambiate in meglio – ha osservato Sangalli – le imprese femminili dal 2015 hanno contribuito al 75% della nascita di nuove imprese in Italia. La presenza femminile è cresciuta in qualità e preparazione. La strada fatta è tanta ma tornare indietro è purtroppo molto facile come abbiamo visto in questo periodo di pandemia dove la donna ha pagato un prezzo altissimo in termini di occupazione e di nuove imprese al femminile”. Sangalli ha però avvertito che il divario di genere rischia di allargarsi pericolosamente. “Non è un caso che Mario draghi abbia parlato del tema della parità di genere in modo accorato e abbia detto che entro il 2026 verranno investiti almeno 7 miliardi di euro per promuovere la parità di genere”. “Questo – ha detto ancora Sangalli – è un tema che attraversa orizzontalmente e verticalmente una grande associazione come la nostra. Terziario donna x la Confcommercio non è una riserva indiana ma è un laboratorio di idee e uno strumento di sviluppo associativo. Dobbiamo colmare il divario di rappresentanza. Il genere non deve essere più un ostacolo ma una risorsa”.
Patrizia Di Dio: “Mettere al centro la responsabilità sociale dell’impresa”
Con un discorso appassionato e ricco di spunti la presidente di Terziario Donna, Patrizia Di Dio, ha ripercorso il cammino intrapreso dall’associazione delle imprenditrici di Confcommercio sotto la sua guida e ha ricordato i tanti temi trattati. “Dopo un anno di pandemia vorremmo aiutare il sistema a ripartire in maniera giusta e ci siamo poste la domanda su quale economia basarsi per il post Covid. La risposta è attuare una rivoluzione ineludibile, quella della generatività, l’economia Civile, l’economia che sia insieme valore economico, lavoro, sostenibilità ambientale, sostenibilità sanitaria, ricchezza di idee e senso del vivere. Sostenibilità ambientale e sociale”.
“Siamo convinti – ha detto Di Dio – che per molti tra imprenditori e le imprenditrici che noi rappresentiamo sia più facile attuare questo cambiamento anche solo avere consapevolezza di ciò che già si è e si fa. Ci riferiamo a quelle imprenditrici e imprenditori che sono persone “ricercatrici di senso prima che massimizzatrici di utilità” come dice Leonardo Becchetti. E che la combinazione di creatività e capacità di contribuire a migliorare la vita propria e quella altrui (che chiamiamo appunto generatività) sia la componente principale della soddisfazione e ricchezza di senso di vita delle persone ma rappresenta anche la migliore condizione di benessere delle aziende”.
“Per anni – ha osservato la presidente di Terziario Donna – abbiamo sostenuto che le donne sono il capitale inespresso del Paese che fossero il motore necessario alla ripresa dopo anni di crisi, oramai oggi unanimemente si sostiene che le donne sono la leva fondamentale per il rilancio. Attivare il “potenziale inespresso” è stato il tema guida del lavoro del gruppo Terziario Donna e a maggior ragione adesso che occorre ricostruire la nostra economia, il mancato contributo delle donne alla crescita dell’economia è una perdita che non possiamo più permetterci”.
Secondo Di Dio, “se il tema dell’imprenditoria femminile è stato sinora relegato a ‘questione di disparità sociale’, oggi più che mai deve diventare ‘questione economica’. Non a caso il PNRRpone la direttiva della coesione sociale come strategia per la ripresa. Ma non solo perché le donne sono un potenziale inespresso su cui puntare ma anche perché sono portatrici di principi guida che hanno orientato in modo certamente lungimirante le visioni del nostro Gruppo. Siamo state pioniere, possiamo dirlo di principi considerati come linee guida adesso nel PNRR e che il nostro gruppo ha proposto già da anni e riassunto nel Manifesto. Principi che puntano sui concetti di equità e di sostenibilità”. “Oggi ripercorriamo – ha detto Di Dio – i principali temi sviluppati nel corso dei nostri appuntamenti annuali, temi di rilettura delle dinamiche di mercato e di nuove visioni di economia efficace che oggi confluiscono in questo contenitore di economia generativa. A cominciare dall’ Economia del Bene Essere: Bene Essere rappresenta la parola simbolo con cui Terziario Donna definisce la valorizzazione di nuove forme di economie, per la rimodulazione di modelli imprenditoriali antichi, non più attuali e principalmente non funzionanti. Si fonda su nuovi modelli di sviluppo che perseguono, oltre ovviamente all’intuizione di mercato e all’abilità imprenditoriale”.
Di Dio ha poi osservato che i consumatori hanno un grande potere in mano, ovvero di votare con il portafoglio le scelte imprenditoriali. “Anche le aziende possono incidere dal basso con le scelte di prodotti che rispettino quanto rappresenta i propri valori, è l’Economia del nuovo Umanesimo, per uno sviluppo dell’economia che sia sostenibile anche dal punto di vista sociale ed etico e che sappia mettere al centro la persona. È l’economia del negozio sotto casa, che fa di un luogo una città e di una città una comunità, l’economia che connette le persone. Vogliamo con i clienti un rapporto che si nutre di buone relazioni, di fiducia, di cultura, di saperi, di valori. Che non verrà meno, nonostante nuove abitudini e attitudini, perché le persone avranno sempre desiderio di provare emozioni, di entrare in relazione con gli altri, di vivere esperienze. Gli strumenti digitali a disposizione serviranno ad aggiungere servizi ma non sostituiranno il commercio fisico, soprattutto di alcuni settori, che dovranno però puntare a qualità, a vendere significati e non prodotti, all’esperienza d’acquisto che merita di essere assaporato, descritto, dovranno puntare allo slow shopping, l’acquisto di beni e servizi più qualitativo che quantitativo”.
“E a proposito di qualità – ha sottolineato Di Dio – ci colleghiamo al nostro Paese e all’espressione più autentica della nostra economia: all’Economia della Bellezza che esalta il nostro Bel Paese, sinonimo di bellezza per patrimonio culturale, artistico, monumentale, paesaggistico, ma anche per qualità di vita, di alimentazione, di “buon gusto” e di design di alto livello”.
“L’Italia è considerata sinonimo di Bellezza. Anzi nella Bellezza l’Italia ha il suo talento, la sua identità. Non solo un elemento estetico. Ha storia, cultura e territorio, ma anche ricerca scientifica e avanguardia tecnologica, qualità dei prodotti e creatività progettuale. Si aggiunge la ricchezza del patrimonio agroalimentare, la capacità di costruire relazioni empatiche, eccellenza fatta di abilità e creatività. Una irripetibile pluralità che determina, nel suo insieme, quello “stile di vita” che il mondo intero ci invidia e tenta di imitare. Questa Italia non può più attendere. Va riconosciuta, guardata con attenzione, raccontata con passione. Vogliamo un modello di sviluppo che crei valore economico e valori sociali slide. Ma questi non possono essere espressi solo nel Pil. Ma essere integrati da altri parametri, dal parametro che chiamiamo FIL (Felicità interna Lorda) che deve diventare il misuratore delle felicità collettiva slide. L’Economia della bellezza riconduce direttamente al valore etico delle nostre imprese non solo alla loro funzione economica. Al significato più profondo della bellezza che i greci chiamavano Kalos kai agatos, il bello è buono, il buono è bello, estetica ed etica”.
“E ancora occorre farsi interpreti a proposito di Italia di quella che abbiamo chiamato Economia della Cultura e dei Saperi, che è la visione di sviluppo dalla forza dirompente di una nazione come l’Italia che, secondo alcune indagini, è addirittura il primo Paese al mondo per la sua influenza culturale. Il rilievo che la cultura assume nell’economia contemporanea è la sua capacità di produrre valore mediante significati. Per questo motivo puntiamo a una crescita che abbia nella cultura e nella bellezza, nella valorizzazione dei saperi e dei mestieri una dimensione cruciale. Secondo alcune indagini, l’Italia è addirittura il primo Paese al mondo per la sua influenza culturale. Il Made in Italy è oggi, il terzo marchio più conosciuto a livello mondiale, dopo Coca Cola e Visa. C’è chi dice che siamo una sorta di super potenza culturale. Ma essere il Paese di Leonardo e Michelangelo non basta. Ma possiamo, su grandi figure come queste, creare il racconto, lo storytelling. Grazie a questa nostra storia, siamo in grado di creare la moda più bella, vini e cibo più buoni, arredi più eleganti, lo stile di vita più raffinato. In un’economia simbolica conta sempre meno il valore d’uso dei prodotti (il prodotto per quello che è). Conta sempre di più, invece, la valenza simbolica ed evocativa che esprimono e raccontano i beni e le esperienze. Il “quanto vale” contrapposto al “quanto costa” riduttivo e fuorviante in una visione della vita che mette al centro i valori. Noi non vendiamo semplicemente oggetti, definiti dalla loro utilità. Vogliamo vendere “significati” che generano emozioni. Produciamo cultura ed è questo che rende straordinari prodotti altrimenti ordinari. Per esempio, la moda italiana vende cultura, prima che pezzi di stoffa o di cuoio. Per questi motivi la comunicazione più efficace dei prodotti Made in Italy, come si fa ad esempio con la moda, si fa attraverso la forza emozionale e comunicativa dei paesaggi, descrivendo il valore simbolico e iconico dei prodotti ancorandoli in modo viscerale alla cultura di cui sono espressione. L’Italia per la sua forza evocativa è il primo Paese al mondo e su questo dobbiamo puntare”.
“Con questo approccio – ha detto DI Dio – possiamo sfidare i mercati globali, puntando a qualità e allo slow shopping. L’Italia è debole per competere sui prezzi ma può usare altre armi. Valorizzando attitudini e cultura, migliorando società e ambiente. Costruendo una economia che offre emozioni e abbia come base valori forti. Intendo per slow ciò che riduce l’impatto sull’ambiente , che ripensa la fretta rituale del consumismo. Per spingere gli acquisti, certo, ma che possono e devono essere meno frenetici e di qualità. Lenti, per essere assaporati, raccontati, descritti, perché offrono design, originalità, significati culturali, qualità, esperienze ed emozioni di piacere. Per troppo tempo abbiamo pensato che la felicità dipendesse dal livello dei consumi. Siamo ora tornati a cercare la felicità in ciò che non ha prezzo. Inoltre consideriamo che le imprese non sono solo un fatto economico, ma una delle espressioni della “rigeneratività” in grado di affermare il nostro punto di vista nel mondo, il nostro sistema di valori, promuovendo la dimensione autenticamente umana e modelli di sviluppo sostenibili basati su qualità, cultura, relazioni, rispetto dell’ambiente, senso di comunità”.
a cura di Ugo Da Milano (Redazione Confcommercio Imprese per l’Italia)