Partirà l’8 aprile il corso di Europrogettazione gratuito organizzato da Unioncamere Calabria, in qualità di partner della rete Enterprise Europe Network, attraverso il supporto operativo di Unioncamere Europa e con la collaborazione dello Europe Direct “Edic Calabria&Europa”,
Ill corso, che si terrà in modalità on line, prevede il coinvolgimento di relatori esperti in materia e valutatori di progetti europei, che offriranno un taglio molto concreto alle lezioni.
Obiettivo: il corso intende fornire agli utenti gli strumenti principali per la comprensione delle dinamiche dell’UE e per una corretta partecipazione ai bandi di gara europei a valere sui fondi tematici. L’obiettivo della formazione sarà quello di creare attori informati, consapevoli e in grado di governare il processo di preparazione di una proposta di progetto.
Beneficiari: il corso si rivolge al più ampio ventaglio di interlocutori regionali, tra cui le imprese, le società di consulenza e le organizzazioni territoriali (associazioni, enti locali, università, centri di formazione etc.).
Struttura: il corso si compone di n.8 moduli, ciascuno della durata di 1h e 30 minuti.
Le tematiche spazieranno da un’introduzione alle istituzioni e fondi dell’UE, all’analisi dello strumento di finanziamento e alla costruzione della proposta progettuale. La gestione del progetto e la scrittura dello stesso saranno oggetto di due incontri dedicati. Gli ultimi tre appuntamenti verteranno sulla nuova programmazione europea, con l’analisi più approfondita dei programmi di interesse per il territorio.
Ai partecipanti verrà fornito di volta in volta il materiale di supporlo per ciascun modulo, che potranno visionare nella sezione riservata del corso, anche successivamente alla erogazione.
Dal momento che i programmi europei richiedono, nella larga maggioranza dei casi, l’utilizzo della lingua inglese e così alcuni documenti di lavoro da utilizzare durante le sessioni formative, si raccomanda una comprensione di base della lingua stessa da parte dei partecipanti.
Durata: aprile 2021- luglio 2021, come da calendario indicato nel modulo di registrazione.
Algieri, Confcommercio Calabria: “C’è bisogno di misure emergenziali. Chiediamo che siano esentate dal pagamento della Tassa tutte quelle imprese che, anche nel 2021, saranno costrette a chiusure dell’attività o a riduzioni di orario”.
La tassa rifiuti TARI continua a rappresentare per le imprese del nostro territorio un costo inaccettabile e spesso ingiustificato visto anche il livello dei servizi connessi e le iniquità che lo caratterizzano.
Dai dati raccolti dal portale Confcommercio www.osservatoriotasselocali.it si conferma il peso eccessivo della Tassa sui rifiuti pagata da cittadini e imprese nonostante l’emergenza da Covid-19 abbia obbligato molte attività a chiudere e nonostante si sia registrata nel 2020 una contrazione del Pil di quasi 9 punti percentuali, con conseguente riduzione di consumi e di rifiuti.
A livello nazionale è stato quantificato un calo di più di 5 milioni di tonnellate di rifiuti, pari al 15% in meno rispetto all’anno precedente, calo che, in ogni caso, assorbe anche la produzione di dispositivi anti Covid (sostanzialmente mascherine) trattati come rifiuti indifferenziati (Ispra ha stimato per il 2020 che la produzione di tali dispositivi si è attestata tra le 160mila e le 440mila tonnellate).
Nonostante questo calo della produzione dei rifiuti l’ammontare complessivo della Tari si è attestato, nel 2020, su valori analoghi a quelli del 2019 (circa 9,73 miliardi di euro).
Un quadro ancor più preoccupante considerando che proprio il 2020 avrebbe dovuto rappresentare una svolta.
L’ARERA, l’autorità che ha assunto funzioni di regolazione e controllo in materia di rifiuti urbani, aveva stabilito che nel corso del 2020 sarebbe dovuta diventare operativa l’adozione del Metodo Tariffario Rifiuti (MTR) incentrato sulla trasparenza e sull’efficienza dei costi del servizio di raccolta dei rifiuti urbani, che avrebbe dovuto generare un abbattimento delle tariffe.
Solo il 21% dei Comuni ha recepito il nuovo Metodo Tariffario Rifiuti di ARERA. In questo sottoinsieme, nel 58% dei casi il costo della TARI risulta in aumento per un valore medio del +3,8%.
Nei Comuni che hanno impostato il nuovo metodo tariffario ARERA, in sostanza, non si sono registrate le contrazioni della spesa attese né un efficientamento dei costi.
In Calabria la situazione generale risulta invariata rispetto all’ultima rilevazione. La Provincia di Reggio Calabria presenta il valore più alto (43,8 mln) mentre il valore più basso viene registrato nella provincia di Vibo Valentia (5,6 mln).
Confermati anche i divari di costo tra medesime categorie economiche, sempre a parità di condizionie nella stessa provincia. In particolare si evidenzia come alberghi e ristoranti siano, che nonostante le gravi difficoltà legate alla pandemia covid, continuano a pagare il prezzo più alto in termini di tassa sui rifiuti.
La gran parte dei Comuni capoluogo di provincia continua a registrare una spesa superiore rispetto ai propri fabbisogni (Fonte: www.opencivitas.it, sito promosso dal Dipartimento delle Finanze e dalla SOSE per determinare i fabbisogni standard delle varie amministrazioni locali) e anche il nostro territorio conferma il trend.
Sul fronte degli interventi posti in essere dall’Arera con la delibera n. 158 del 5 Maggio 2020 per ridurre la parte variabile della tassa tenuto conto della minore produzione dei rifiuti legata alla sospensione delle attività produttive per il COVID-19, pochi e, talvolta, contraddittori sono stati i risultati raggiunti. L’obiettivo della delibera era quello di indurre i Comuni al pieno ed integrale rispetto del principio europeo “chi inquina paga”: tale principio sarebbe dovuto essere il pilastro che avrebbe dovuto guidare l’azione degli enti locali nel rideterminare le tariffe in considerazione del particolare periodo storico e degli effetti prodotti dall’emergenza epidemiologica sulle attività produttive. A dispetto della delibera dell’Autorità, i dati esaminati evidenziano come, a livello nazionale, il 60% dei Comuni abbia mantenuto le tariffe invariate, mentre il 17% le ha diminuite e il 23% addirittura aumentate.
Poco o nulla è stato fatto rispetto a quelle attività che sono rimaste aperte ma che, a seguito degli orari di attività ristretti, dei contingentamenti e della minor propensione dei cittadini a uscire e consumare, hanno registrato cali di fatturato significativi.
“Auspichiamo che su questi aspetti si possa intraprendere un dialogo costruttivo con le amministrazioni comunali. Ha dichiarato il presidente di Confcommercio Calabria Klaus Algieri. Servono infatti interventi strutturali affinchè venga recepito il nuovo metodo tariffario determinato dall’Arera, vincolando la Tari al rispetto del principio europeo “chi inquina paga”. C’è inoltre bisogno di misure emergenziali, visto il perdurare della diffusione epidemiologica da Covid-19. Chiediamo allora che siano esentate dal pagamento della Tassa tutte quelle imprese che, anche nel 2021, saranno costrette a chiusure dell’attività o a riduzioni di orario. Analoghe misure dovranno essere riconosciute in favore di tutte quelle altre imprese che, pur rimanendo in esercizio, registreranno comunque un calo del fatturato – e, quindi, dei rifiuti prodotti – a causa della contrazione dei consumi. Il nostro osservatorio continuerà a monitorare con attenzione l’andamento della TARI in tutti i comuni della Regione”.
Cari amici imprenditori, comprendo il vostro stato d’animo e la vostra amarezza per le notizie delle ultime ore, che ci impongono nuovamente la chiusura. Ma il nostro mondo si è sempre dimostrato forte e in grado di superare qualsiasi difficoltà con dignità e spirito di sacrificio. La delusione è tanta per un ulteriore fallimento di una strategia che non sembra portare ad alcuna soluzione, ma non è questo il momento di arrendersi.
Comprendo la vostra rabbia nei confronti delle istituzioni nazionali, regionali e comunali che come unico strumento per contenere la pandemia hanno scelto quello di chiuderci, di privarci della libertà di svolgere la nostra attività. Ma mi chiedo le rivolte e le dimostrazioni violente servono veramente a qualcosa?
Io credo di no. L’unico strumento che abbiamo per far sì che tutto questo abbia fine è rispettare ancora una volta le regole. Dimostrare che il noi siamo il vero anello forte della catena. Un grido silenzioso ma che sono certo darà i suoi frutti. Alle nostre istituzioni dico, dopo più di un anno di chiusure non è forse il momento di pensare a qualcosa di diverso? Sappiamo tutti che i vaccini rappresentano l’unica via di uscita da questo incubo e la vostra inerzia nel predisporre un piano vaccinale adeguato non fa altro che alimentare malcontento e insofferenza.
A tutti noi dico capiamo, cambiamo e ricominciamo. Solo capendo veramente la gravità del momento riusciremo a continuare a camminare a testa alta, solo cambiando il nostro pensiero riusciremo a guardare al futuro, solo ricominciando torneremo ad essere normali.
In un’iniziativa nazionale, Confcommercio racconta con scatti d’autore e in modo realistico gli effetti dell’emergenza Coronavirus nel mondo del terziario
Il Futuro non (si) chiude, oltre ad essere un grido d’allarme per la situazione drammatica che le imprese stanno vivendo in questo delicato momento storico, diventa il claim di un’importante iniziativa di Confcommercio. Una grande campagna social nazionale caratterizzata da un forte impatto visivo ed emotivo, che coinvolge l’intero Sistema attraverso le Associazioni territoriali e le Federazioni.Allegati in fondo alla pagina si possono consultare due documenti di approfondimento sul tema: Vertenza Terziario e Imprese e pandemia: scenario e numeri della crisi
Obiettivo dell’iniziativa è quello di raccontare la crisi, il sentiment ma anche la voglia di ripartire degli imprenditori, nonché la disperazione, ormai generalizzata, che investe l’intero settore del terziario di mercato. Ma soprattutto, sostenere la necessità e l’urgenza – condivise da tutte le imprese associate – di consentire, nel rispetto delle regole e dei protocolli di sicurezza, la riapertura delle attività per scongiurare le drammatiche chiusure di imprese e la perdita di posti di lavoro.
Nello slogan Il Futuro non (si) chiude ogni parola assume una valenza significativa. Il Futuro è un termine che torna spesso nelle domande di una società rimodellata su nuove esigenze e dinamiche socio-economiche e che coinvolge dal singolo alla collettività, dal commercio all’urbanistica postpandemica, ripensando in chiave funzionale i collegamenti con le comunità locali. Aspetto, quest’ultimo, fondamentale per impedire la desertificazione commerciale e consolidare la realtà delle economie urbane.
Il (si) individua il peso della responsabilità nella gestione dell’emergenza Covid-19 che poteva essere gestita sicuramente con meno incertezza e più programmazione, senza ricorrere necessariamente sempre al più chiusure come se fosse l’unica via percorribile. Ad accompagnare visivamente lo slogan Il Futuro non (si) chiude saranno gli scatti fotografici d’autore di Valerio Bispuri, dal forte impatto emotivo che mostrano, nel modo più realistico possibile, gli effetti della pandemia nel mondo del terziario, offrendo una veritiera e autentica “fotografia della realtà”.
Il video dell’iniziativa
L’iniziativa, oltre che da scatti fotografici d’autore, è accompagnata anche da un video emozionale che, alla drammaticità di una situazione di chiusura, contrappone la voglia di riapertura e rinascita degli esercizi commerciali.
Ogni giorno incontri uno di noi. Siamo in ogni tuo piccolo gesto quotidiano. E vogliamo continuare a farlo. Basta chiusure!
L’importanza del terziario
Il terziario è un settore strategico per numeri, imprese e lavoratori coinvolti. E le sue imprese costituiscono anche la centralità quotidiana di tutti noi, perché, più di tutti, impattano sulla vita delle persone, nei tempi e nei luoghi delle nostre città. Un modello di pluralismo imprenditoriale e distributivo, che tiene insieme tradizione e innovazione, imprese familiari e società di capitali, persone e territori. Attività che esprimono quell’economia della “socialità”, che è il tratto distintivo del Made in Italy, e che assicurano vivibilità e qualità della vita nelle nostre città e nei centri storici.
Riportare alla normalità e mantenere vitale questo mondo di imprese (a cominciare dal turismo, dalla ristorazione, dal commercio al dettaglio, dalla cultura e dal tempo libero) significa investire su quella parte dell’economia reale che può realmente avere un effetto moltiplicatore sull’economia e un effetto equilibratore sulla società. Significa dare una prospettiva diversa e migliore al Paese.
Dunque, partire dal terziario per far ripartire il Paese. Non è uno slogan, ma il semplice riconoscimento del ruolo essenziale che questo settore riveste nella vita economica e sociale del Paese. Commercio, turismo e cultura, servizi, trasporti e logistica, lavoro autonomo e professioni: un sistema di imprese che nel tempo hanno cambiato il volto della nostra economia, sempre più terziarizzata.
Nell’ultimo decennio, infatti, la quota di valore aggiunto prodotta dai servizi di mercato dei settori di rappresentanza di Confcommercio è aumentata dal 37% a quasi il 40%. Nello stesso periodo, l’industria ha ridotto la sua incidenza passando dal 29% a poco meno del 24%. Ancora più significativo è il contributo del commercio, del turismo, dei servizi, dei trasporti e delle professioni alla creazione di posti di lavoro con una quota di occupati passata dal 37,4% al 47%, Anche in questo ambito, il contributo del manifatturiero si è ridimensionato nel tempo passando dal 27,1% al 21,7%.
Numeri importanti che rispecchiano il peso della rappresentanza di Confcommercio e il suo ruolo sindacale: la Confederazione firma, infatti i contratti nazionali del terziario, distribuzione e servizi, del turismo, dei trasporti e della logistica e altri importanti accordi collettivi di categoria che si applicano, complessivamente, a circa 5 milioni di lavoratori. Contratti moderni e innovativi che valorizzano il ruolo del terziario di mercato.
2020, l’anno del Covid-19
Il Covid è stato e continua ad essere uno “tsunami” per tutti, un’emergenza sanitaria che è diventata economica e sociale colpendo in maniera drammatica soprattutto le imprese del terziario di mercato: intere filiere, in particolare quella del turismo (dai pubblici esercizi agli alberghi, dai tour operator ai trasporti, dalle discoteche agli stabilimenti balneari, dallo shopping alla cultura fino al tempo libero) ma anche molti comparti del commercio al dettaglio, soprattutto abbigliamento e calzature, hanno registrato, infatti, crolli verticali di fatturato e moltissime imprese di questi settori hanno chiuso definitivamente l’attività. Una situazione che, soprattutto durante il primo lockdown, è stata resa ancor più drammatica per la “pressione” della criminalità che si è fatta sentire su una consistente parte delle micro e piccole imprese del commercio e dei pubblici esercizi. Circa il 10% degli imprenditori, infatti, durante quel periodo, è risultato esposto all’usura o a tentativi di appropriazione “anomala” dell’azienda.
Gli effetti sui settori economici
Per il 2020, l’Ufficio Studi di Confcommercio stima una riduzione di oltre 300mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi (saldo tra aperture e chiusure), di cui circa 240mila esclusivamente a causa della pandemia, a cui si deve aggiungere anche la perdita di circa 200mila attività professionali sparite dal mercato. Complessivamente, nel 2020 sono andati persi 160 miliardi di euro di Pil, quasi 130 miliardi di consumi (-11,8% rispetto al 2019) e il 10% di ore lavorate.
Solo nel comparto della ristorazione le perdite di fatturato nel 2020 hanno raggiunto i 38 miliardi, con la chiusura di circa 23mila imprese; il turismo ha registrato una perdita di valore della produzione di 100 miliardi, solo il comparto ricettivo ha perso oltre 13 miliardi di fatturato; nel commercio al dettaglio, il settore abbigliamento e calzature ha perso 20 miliardi di consumi con la chiusura definitiva di 20mila negozi; nel commercio su aree pubbliche si registrano cali fino a circa 10 miliardi e 30mila imprese a rischio chiusura; nel settore degli spettacoli le perdite hanno superato 1 miliardo, in termini di mancati incassi, tra cinema e spettacoli dal vivo (musica, teatro, lirica, danza); nel settore del gioco pubblico da inizio pandemia si sono persi circa 5 miliardi di euro di gettito per lo Stato e circa 4 miliardi di ricavi per il comparto nel quale sono a rischio 70mila imprese.
Le richieste di Confcommercio
Le priorità per uscire il prima possibile dal tunnel del Covid-19 e salvare le imprese che rischiano di chiudere sono due:
contrasto alla pandemia;
difesa del tessuto produttivo per farlo giungere “vivo” e reattivo fino al momento della ripartenza.
Sul primo punto bisogna accelerare il più possibile i tempi della campagna di vaccinazione evitando, però, l’adozione di strategie di contrasto dell’epidemia incentrate su lockdown e limitazioni di circolazione che sono economicamente e socialmente insostenibili. Quello che serve è una strategia articolata che consenta un salto di qualità per far convivere salute e lavoro e mettere, quindi, il sistema in condizione di ripartire subito e in sicurezza. Come, peraltro, stanno dimostrando le attività rimaste aperte osservando tutte le regole e i protocolli di sicurezza. Per Confcommercio è fondamentale poter riaprire e lavorare rispettando, naturalmente, tutte le regole e i protocolli di sicurezza a tutela della salute di tutti, imprenditori, collaboratori e consumatori.
La seconda priorità riguarda essenzialmente il nodo dei ristori e indennizzi e degli ammortizzatori sociali. Come già evidenziato, i settori economici rappresentati da Confcommercio sono quelli maggiormente colpiti dagli effetti della pandemia e dei conseguenti provvedimenti adottati.
Per questo, servono ristori più adeguati in termini di risorse, più inclusivi in termini di parametri d’accesso, più tempestivi in termini di meccanismi operativi. Una misura che dovrà essere accompagnata anche da interventi per ridurre o azzerare la pressione di imposte e tributi locali nei confronti delle imprese rimaste chiuse o fortemente penalizzate per i vari lockdown.
Sul versante degli ammortizzatori sociali occorre una riforma strutturale di questo strumento e una ampia proroga della Cassa Covid-19.
Le risorse per ripartire
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, attraverso l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund, è l’occasione per una possibile ripartenza. Bisogna, però, arrivare al più presto ad un progetto compiuto e condiviso. E due, secondo Confcommercio, sono i punti chiave per una rapida programmazione e attuazione degli investimenti: una strategia per le riforme e la messa a punto di un meccanismo di governance, cruciale anche per il recupero dei divari territoriali, che consenta un’effettiva svolta nella capacità di programmazione e realizzazione degli investimenti pubblici. In particolare è necessario investire con determinazione, in termini di politiche, progetti e risorse, proprio sull’economia del terziario di mercato, perché rafforzarne la resilienza significa rafforzare la resilienza del sistema Paese.
L’Ufficio per l’Italia dell’OIL, nel contesto del lavoro sulle imprese sostenibili e il lavoro dignitoso, ha lanciato un’indagine sulla responsabilità sociale (RSI) delle imprese italiane al fine di sviluppare un primo inventario sulle diverse politiche e pratiche aziendali delle imprese italiane.
L’inventario mira a diffondere le suddette politiche e pratiche in Italia e su scala internazionale, includendovi quelle relative alla promozione del lavoro dignitoso, le politiche aziendali sulla diversità e pari opportunità, come pure quelle le iniziative di formazione e welfare dei lavoratori.
A tal proposito, chiediamo di condividere l’informazione su questa iniziativa, congiuntamente all’invito a compilare il questionario in formato elettronico entro il 10 aprile 2021.
Al fine di diffondere tra gli operatori una maggiore conoscenza delle tematiche inerenti al welfare integrativo, Confcommercio – Imprese per l’Italia sostiene l’iniziativa promossa dal Centro Studi Itinerari Previdenziali e da UER Academy, per l’avvio del Corso professionalizzante di Formazione Universitaria in “Amministrazione, gestione, direzione e controllo delle forme di previdenza complementare di cui al d.lgs. n. 252/2005 e al DM n. 108/2020 e welfare mix”.
Il Corso è finalizzato alla formazione di figure professionali operanti, tra gli altri, nel settore dei Fondi pensione e dei Fondi sanitari nonché al riconoscimento dei requisiti di professionalità – definiti nel nuovo DM Lavoro e delle Politiche Sociali n. 108/2020 – da parte dei membri del Consiglio di Amministrazione, del Collegio dei Sindaci e del Direttore dei fondi pensione.
Le lezioni, che avranno inizio il 15 aprile prossimo, si svolgeranno nell’anno accademico 2021-2022 e avranno una durata pari a 12 mesi, per un totale complessivo di 300 ore articolate in presenza e con didattica a distanza, con giornate dedicate anche a esercitazioni, seminari ed esami.
Le iscrizioni al Corso professionalizzante di Formazione Universitaria resteranno aperte fino al 29.3.2021.
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